La complessità della crisi pandemica e le difficoltà della sua gestione sono evidenti. La fila di camion che lasciano il cimitero strapieno di Bergamo ne sono la rappresentazione.

È chiaro che le misure anti-Covid-19 ledono i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, a farsi dall’art.1, al 2 (diritti inalienabili) alla libertà di circolazione (Art. 16), di riunione (Art. 17), il diritto di professare la propria fede religiosa nei luoghi di culto (Art. 19), il diritto allo studio (Artt. 33-34), la libertà di iniziativa economica (Art. 41) la libertà di espressione del pensiero (Art.21).

La maggioranza dei cittadini si è adeguata in modo consapevole.

Per questo i provvedimenti restrittivi della libertà personale (e degli altri diritti costituzionali) sono stati assorbiti senza particolari inconvenienti.

Misure analoghe sono state introdotte in altri Paesi a tradizione democratica e anche il nostro ordinamento prevede che alcune di queste libertà (come quella di circolazione e soggiorno) possano essere limitate “per motivi di sanità o di sicurezza”.

Non esiste una previsione costituzionale che consenta di limitare altre libertà (diritto di riunirsi in privato o di impedire l’uscita dal proprio domicilio-ben diverso dal diritto di circolazione-e molti altri cancellati dai cd DPCM).

Limitazioni della libertà disposte con provvedimenti inidonei e diversi da quelli previsti e con dispiego di mezzi e risorse che sono apparse sproporzionate all’obiettivo.

Il senso di responsabilità che ha perlopiù governato i cittadini dovrebbe andare oltre perché questi fatti non costituiscano precedente.

Possiamo immaginare che situazioni simili potrebbero riproporsi. Le limitazioni dovrebbero rispettare i principi di adeguatezza e proporzionalità e la salvaguardia dei diritti costituzionali.

Rifarsi alle vicende COVID 19 per vantare un precedente potrebbe costituire uno strumento allettante per una politica sempre più debole, sempre meno preparata e perciò sempre più deficitaria di autorevolezza.

Sarebbe necessario esprimere in modo chiaro la necessità di interventi costituzionali che prevedano la disciplina di situazioni analoghe. Dovrebbe essere chiaro che non si cancellano mai democrazia libertà diritti, per atto amministrativo, per circolare, per volontà di funzionari solerti.

Si dovrebbe fissare l’obbligatorietà di percorsi parlamentari, tempi certi, obblighi di revoca dei provvedimenti ad emergenza terminata. Sarebbe necessario dedicarsi fra le altre alla scrittura delle regole per gestire queste crisi, senza deragliare dallo stato di diritto, delegando l’esecuzione e di fatto l’interpretazione delle misure restrittive a personale adeguato, non aggressivo, consapevole dell’odiosità del compito.

Dovrebbe non ripetersi l’uso del verbo “consentire” riguardo all’esercizio mutilato di libertà costituzionalmente garantite. Ne ‘lo strapotere di una burocrazia invasiva e irragionevole, del genere di quella che ha abusato in modo censurabile delle cosiddette autocertificazioni, in violazione dell’Art. 24 Cost.

Il rischio che residua da questa terribile stagione, è che il precedente delle restrizioni, nei contenuti, nelle forme, nel suo esercizio, possa in un domani probabile e non lontano offrire ai governanti, in una crisi legata alla sicurezza o all’ordine pubblico, il destro per dare il “la” a lesioni irrimediabili delle libertà costituzionali, con conseguenze inimmaginabili.

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