La politica italiana (e non solo, per la verità) ha dato negli anni pessima prova di sé, talmente inqualificabile da essere scomparsa. Puoi cercarla ovunque e non la troverai. Non la troverai, ora lo sai, nemmeno nel vaffanculo di Grillo, che fu un ultimo tentativo di rovesciare l’ennesima generazione di fenomeni (da baraccone?) abbarbicata al potere per il potere. Ma perché è successo questo? Perché è progressivamente venuta a mancare la proposta politica e a scomparire chi la richiede?

Oggi possiamo dire che si è trattato di un fenomeno crescente e apparentemente ineluttabile, partito nel secondo dopoguerra per prendere sempre più piede fino ad annientare, oggi, il pensiero politico e, conseguentemente, la proposta politica.

Di fatto non esiste più alcun soggetto (chiamato ancora erroneamente “politico”) capace di elaborare un progetto di società giusta (qualsiasi cosa significhi) cui tendere. Qualcosa che vada al di là del sentire generico, individualistico e popolare legato ai singoli problemi, da affrontare in ordine sparso secondo la spesso presunta urgenza contingente.

Così siamo oggi un popolo senza testa, chiunque governi.

Se si tratterà di un tecnico, come è stato Draghi, questo affronterà questioni pratiche con le risorse contabilmente disponibili e senza una vera programmazione, se non rispondere alle pretese (giuste e ingiuste) dell’Europa. Il progetto politico non è proprio previsto, se si esclude un generico adattamento allo stato delle cose attraverso azioni diplomatiche figlie delle relazioni.

Ma non esiste proposta politica nemmeno altrove, perché l’illusione di poter vivere in un mondo migliore è naufragata con la crescente corruzione della società e la conseguente inaffidabilità di chi la dirige.

Si avverte ancora qualche riferimento a elementi di politica di sinistra, genericamente liberale o di destra, ma niente di organico, di progettato e proposto con preparazione e credibilità.

Siamo arrivati a considerare un buon politico chi riesce a barcamenarsi senza dignità, rimanendo a galla nel senso del potere e dei soldi che ne derivano. Stop.

Le difficoltà contingenti legate agli esiti della globalizzazione dei mercati, dell’emergenza ambientale e migratoria o delle guerre più o meno vicine, sono gli elementi che costituiscono l’agenda di lavoro dei governanti.

Emergenze come motore dell’attività amministrativa, quindi. E assenza totale di proposta politica.

Da qui la rassegnazione che leggiamo negli occhi dei nostri giovani. Non possiamo pretendere che arda nei loro cuori il fuoco della passione; quello che per le generazioni post belliche era stato motivo di impegno.

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